Roma, il giornalista Alessandro Sahebi denuncia: “Aggredito per aver indossato una felpa antifascista”

Un episodio di violenza che riaccende il dibattito sul clima di intolleranza in Italia. Il giornalista e content creator Alessandro Sahebi ha raccontato di essere stato aggredito a Roma per aver indossato una felpa con la scritta “Azione Antifascista”. L’episodio è avvenuto nei pressi del Teatro Brancaccio, dove Sahebi si trovava con la compagna, la scrittrice e attivista Francesca Bubba, e il loro bambino di sei mesi.

Il racconto dell’aggressione

Secondo quanto riportato dallo stesso Sahebi in una serie di storie su Instagram, l’aggressione sarebbe avvenuta mentre stava scattando una foto alla compagna davanti al teatro. Due uomini si sarebbero avvicinati, intimandogli di togliersi la felpa. Nei video si sente chiaramente una voce dire: “Levatela, mettitela al contrario”. Sahebi, visibilmente sorpreso e cercando di evitare il confronto, ha risposto: “Calmati, sto con un bambino, non ti vergogni?”.

Pochi istanti dopo, una terza persona sarebbe intervenuta colpendolo al volto. “Mi ha tirato un ceffone l’amico tuo”, ha detto Sahebi, mentre uno degli aggressori gli rispondeva con tono sprezzante: “E vabbè, un ceffone, sei grande e grosso”.

Una violenza che lascia domande aperte

L’episodio, avvenuto in una zona centrale della capitale, solleva interrogativi non solo sulla sicurezza, ma anche sul clima sociale e politico. Un’aggressione legata a un simbolo antifascista non è solo un fatto di cronaca: è un segnale preoccupante di quanto la tensione ideologica possa trasformarsi in violenza fisica.

Il fatto che la scena sia avvenuta di fronte a un teatro, in presenza di una famiglia e in un contesto urbano frequentato, rende il gesto ancora più grave e simbolicamente forte. Sahebi ha dichiarato di voler sporgere denuncia e ha chiesto pubblicamente aiuto a chiunque possa fornire informazioni utili per identificare i responsabili.

L’appello e la riflessione pubblica

Attraverso i suoi canali social, il giornalista ha lanciato un appello: “Se qualcuno ha informazioni utili, mi scriva. Aspettiamo che Prefettura e Comune facciano qualcosa. Si parla spesso della violenza della sinistra, ma forse bisognerebbe guardare altrove, nelle fogne”. Parole dure, che denunciano una percezione diffusa di impunità e di pericolosa normalizzazione dell’odio politico.

Sahebi ha inoltre fatto notare che la traversa da cui sarebbero arrivati gli aggressori “in otto minuti a piedi porta al centro sociale di destra Casapound”. Una coincidenza che non può essere provata, ma che contribuisce ad alimentare il dibattito sul legame tra certe aree politiche e i comportamenti violenti di alcuni gruppi.

Indossare una felpa con una scritta antifascista non dovrebbe rappresentare una provocazione, ma un atto di libertà. La vicenda di Alessandro Sahebi ricorda che i simboli, anche quelli che affermano valori democratici, possono ancora oggi scatenare reazioni violente. È un segnale di quanto il confronto civile e la tolleranza siano fragili, e di come sia necessario difendere la libertà di espressione anche nei gesti più quotidiani.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *